IL BUIO E' PIU' FIFONE DI TE

Ha paura del buio? Nulla di strano: tutti i bambini attraversano questa fase. L'importante forse è aiutarli a capire che il buio non solo non è pericoloso, ma basta poco per farlo scappare. E allora non è più possibile averne paura...

C’era una volta, tanti e tanti anni fa’ in una bella casa di campagna, un cappello di lana appeso all’ultimo gancio di un attaccapanni. Era una di quelle papaline di maglia che si calano sulla testa quando fa molto freddo; era stato appeso e dimenticato lì durante l’estate e lì era rimasto, non so più da quanto tempo.

In gioventù era stato il cappello preferito di un famoso brigante della zona: il bandito Petacchia, temuto da tutti. Poi – vivendo una vita così avventurosa era stato perso, recuperato, rapito, perso di nuovo e alla fine – si era ritrovato (chissà come, chissà perché) su quell’attaccapanni.
Dapprincipio (occorre dirlo) il cappello era stato piuttosto contento della sua sistemazione. Aveva dormito della grossa per qualche anno, perché i cappelli quando stanno in servizio, sempre tesi e pronti sulla testa di qualcuno, non possono chiudere occhio. Figuratevi poi il cappello di un pericoloso bandito, che guidava addirittura un gruppo di briganti: aveva condotto una vita avventurosa ma molto, molto stancante.  Da quando era rimasto appeso e dimenticato, se l’era presa comoda e cercava in tutti i modi di recuperare la stanchezza accumulata.

Dopo gli anni del sonno profondo, erano arrivati anni in cui aveva appena sonnecchiato. All’inizio i suoi sogni erano ancora abbastanza avventurosi; poi però, man mano che il tempo passava e lui recuperava le forze, il sonno si faceva sempre più leggero. Così una mattina annoiato dal lungo far nulla, fece un’operazione audace: si aggrappò ad una mantella per la pioggia e si lasciò scivolare a terra.
“Qui mi vedranno di certo” pensò. E aveva ragione: la vecchia Maria, la governante, lo vide a terra e non sapendo dove metterlo, lo chiuse in un cassetto della credenza.
Il cappello – che  non si aspettava certo di fare quella fine – si ritrovò più solo di prima, chiuso nel buio del cassetto.

Oh mamma mia.. che paura! Neanche in testa al brigante Petacchia si era mai trovato in una situazione tanto orribile. In quel cassetto c’era un silenzio di tomba e il buio che sembrava voler coprire tutto: per quanto il cappello sforzasse i suoi piccoli occhi, non riusciva a distinguere chi o che cosa ci fosse intorno a lui.
Così cercò di ricordare da che parte fosse l’apertura, puntò i suoi piccoli piedi lanosi e spingendo con tutte le sue forze, riuscì pian piano ad aprire di pochi millimetri il cassetto: una minuscola fessura.  Si trattava di uno spazio piccolissimo, è vero, attraverso il quale non sarebbe mai riuscito a passare, ma appena l’ebbe aperto un sottile raggio di luce, magro come un filo di lana, si infilò veloce in quel cassetto.

“Ciao,” gli disse il cappello incantato da quel filo luminoso. “Che velocità! Eri qui fuori ad aspettare?”
“Ciao a te,” disse la luce che entrava nel cassetto. “Non hai mai sentito parlare della velocità della luce? Mi muovo sempre così, quando vado a caccia.” 

“A caccia di che?” chiese il cappello.
“Ma di buio naturalmente. E mi pare che tu ne abbia una bella scorta qui dentro...”

Dovete sapere che i raggi di luce vanno matti per il buio, ma non riescono mai a prenderlo perché – appena si avvicinano – il buio scappa.
“Oh, sì.” Rispose il capello. “Qui è pieno di buio, ma lo trovo talmente noioso: copre i colori e le forme e non c’è mai niente da vedere.”
“E magari ti fa venire anche un po’ di paura?”
“Paura a me? Ma neanche per sogno…” si infuriò il cappello. “Io sono stato in testa al bandito più feroce della regione. Hai mai sentito parlare del Brigante Petacchia?”
“Lasciamo perdere,” disse il raggio luminoso. “Comunque non devi aver paura del buio perché lui è un gran fifone. Ti faccio vedere,” e con una mossa rapida, il filo di luce saltò dentro al cassetto.
“Uaahhh,” urlò il buio in quell’istante scappando di qui e di là, lungo le pareti del cassetto o nascondendosi sotto i piccoli oggetti, in cerca di riparo.

“Vedi come scappa?” disse ridendo il filo di luce. “Il buio ha paura dei colori e delle forme. Per questo cerca di coprirli e di nasconderli. Che vedi adesso?”
Il cappello si sforzò di vedere qualcosa illuminata dal filo di luce: “Laggiù vedo una piuma bianca, magari è il copricapo di un guerriero indiano.”
“E poi?”
“Oh, ecco: là vedo una moneta color argento, con tante lettere e numeri incisi sopra.”
“Bravo,” fece il raggio di luce e saltò altrove. Subito il buio scappò via e il cappello vide una sciarpa azzurra, con lunghe frange blu… “Come è bella,” disse il cappello affascinato.
“E poi?”
Il cappello vide una pipa verde e nera, fatto di legno inciso a mano, un tappo di sughero tutto bucherellato e un foglio di carta, ingiallito dal tempo, su cui era scritto qualcosa con un inchiostro viola e in fondo, un piccolo bottone rosso.

In quel momento, passando vicino al mobile, la vecchia Maria si rese conto che il cassetto era chiuso male; con un movimento deciso lo spinse al suo posto, chiudendolo del tutto. E il raggio di luce? Era rimasto dentro, insieme al buio, al cappello, al tappo e ai mille tesori che abitavano in quel vecchio cassetto.